Contribuiscono più delle altre aziende a creare ricchezza e posti di lavoro nonostante la recessione.
Sono aperte ai mercati internazionali e orientati all'innovazione.
I risultati della Ricerca GE Capital "Medie Imprese Motore di Sviluppo"
Milano, 14 novembre 2012: GE Capital presenta i risultati della Ricerca Medie Imprese Motore di Sviluppo, indagine condotta in quattro Paesi europei (Italia, Germania, Francia e Gran Bretagna). La ricerca che ha coinvolto un totale di 5 milioni di aziende (attraverso indagine desk e 1642 interviste executive) è coordinata a livello europeo dal Professor Ashwin Malshe della ESSEC Business School con la collaborazione per l'Italia dei Professori Paolo Gubitta, Bruno Parigi e Diego Campagnolo dell'Università di Padova.
Il primo e, visti i tempi, più rilevante elemento della ricerca risiede nella capacità di "tenuta" delle medie imprese italiane anche in periodo di recessione economica generale: in questa fase infatti le medie imprese hanno contribuito al PIL nazionale nella misura di 45.600 euro per dipendente, molto di più delle grandi (21.000 euro) e delle piccole imprese (14.300 euro). Le medie imprese italiane evidenziano anche una maggiore solidità sul piano occupazionale: hanno creato 24.500 posti di lavoro in più, mentre le grandi imprese ne hanno tagliati 185.000. Questi nuovi posti di lavoro equivalgono a un contributo aggiuntivo all'economia italiana di 1,12 miliardi di euro.
Il secondo dato emerso dall'indagine per quanto riguarda l'Italia conferma che le medie imprese rappresentano il cuore dell'economia: pur rappresentando queste solo l'1,6% del totale delle aziende operanti nella nostra economia producono il 41,2% del PIL del settore privato. Tale dato già di per sé impressionante assume ancora maggiore rilievo se confrontato alle altre 3 principali economie dell'Unione Europea. Infatti il contributo al PIL nazionale delle medie imprese costituisce il 32% in Gran Bretagna, il 31% in Germania e solo il 29% in Francia.
Secondo la Ricerca Medie Imprese Motore di Sviluppo di GE Capital sono 4 gli elementi su cui queste aziende hanno fondato il proprio successo: focalizzazione sul settore manifatturiero, prodotti di alta qualità, capacità di espandersi a livello internazionale, propensione ad innovare.
Settore manifatturiero
Con un contributo al PIL pari a 48.000 euro per dipendente, le medie imprese del comparto manifatturiero in Italia sono ancora più produttive delle medie imprese italiane in generale. Non solo: in 20 dei 24 sotto settori del comparto manifatturiero che sono state prese in esame, il contributo delle medie imprese al PIL è superiore a quello delle piccole e delle grandi imprese, un dato che attesta il predominio uniforme delle medie imprese nel settore manifatturiero.
Prodotti di qualità
Le medie imprese italiane del comparto manifatturiero sono riuscite a ritagliarsi una nicchia per la fabbricazione di prodotti di elevata qualità, capaci di soddisfare nel miglior modo possibile i cambiamenti nelle esigenze dei consumatori. Il risultato è che il made in Italy ormai è sinonimo di offerta di alta qualità in molti settori, fra cui tessile e abbigliamento, calzature e pelletteria, occhiali, moda, cibo, mobili e meccanica.
Dimensione globale ed espansione sui mercati esteri
La ricerca evidenzia che una maggioranza (il 55%) delle medie imprese italiane opera su scala globale. Anche in Germania la tendenza è analoga: la metà delle medie imprese è attiva sui mercati globali. In Francia e nel Regno Unito, in cambio, solo 41 medie imprese su cento si considerano operatori globali.
Da quando l'Europa è stata colpita dalla recessione, il 27% delle medie imprese italiane ha registrato un calo sui mercati nazionali nell'arco degli ultimi 5 anni. Questo calo è stato compensato con un'espansione sui mercati esteri, resa possibile dalla reputazione acquisita di prodotti di alta qualità. Il risultato è che il 30 % dei ricavi oggi è generato all'esterno dell'Unione Europea; e nello stesso periodo di tempo le attività delle medie imprese italiane in Cina sono cresciute del 23%, diversificando il rischio legato alle fluttuazioni della domanda.
Innovazione
Le medie imprese del nostro Paese sono le più innovative tra quelle italiane ma le più "tradizionali" se comparate con le aziende delle altre principali economie europee.
Le imprese di questo segmento infatti detengono il 48% (143.000) di tutti i brevetti depositati dalle imprese italiane. E all'interno di questi 143.000 brevetti, sei su sette riguardano il comparto manifatturiero. L'incessante spinta all'innovazione è senza dubbio uno dei fattori di successo delle medie imprese italiane.
Se si allarga lo sguardo agli altri Paesi europei tuttavia emerge un ritardo in termini di numero di brevetti depositati dalle medie imprese: sono infatti 499.525 quelli delle imprese tedesche, 270.276 quelli delle medie aziende inglesi e 217.334 quelli francesi.
Una possibile spiegazione di tale "gap", comunque, potrebbe risiedere nel fatto che le medie imprese italiane per lo più operano in settori dove le innovazioni di prodotto sono meno importanti delle innovazioni di processo, normalmente più difficili da brevettare
Limiti e ostacoli allo sviluppo
Di fronte alla centralità del comparto delle medie imprese in Italia la ricerca ha cercato di indagare anche gli ostacoli che queste incontrano ad un ulteriore sviluppo: innanzitutto le imprese italiane devono agire in un contesto determinato da un impianto normativo complesso. La politica fiscale italiana è una delle più rigide della zona euro e adempiere agli obblighi tributari può comportare costi piuttosto elevati. Molte imprese finiscono per impiegare una quota considerevole del proprio flusso di cassa in adempimenti burocratici.
A ciò si aggiunge la peculiare struttura delle medie aziende italiane rispetto alle controparti europee, le imprese del nostro Paese hanno mediamente un numero di dipendenti inferiore: la maggiore concentrazione si registra nella fascia 20-99 dipendenti là dove begli altri Paesi si concentra in fasce più elevate. Per la Francia nel segmento 100-249 dipendenti, per Germania e Gran Bretagna nel segmento 500-999 dipendenti.
Ma c'è di più: in Italia si rileva una prevalenza tra le medie imprese italiane del controllo famigliare e di una ridotta sofisticazione organizzativa. Uno dei principali, ma non è l'unico, impatto che ciò comporta è rappresentato dalla difficoltà di offrire salari e indennità competitivi (è un problema dichiarato da un terzo delle medie imprese intervistate). In altre parole in certi casi un lavoratore di talento può ritenere che ci siano scarse opportunità di carriera in un'azienda dove le posizioni di maggior rilievo sono occupate da membri della famiglia, anche se non possiedono il profilo professionale necessario.
Puoi seguire i lavori della presentazione della ricerca su Twitter: @GECapitalMIMS
Paola Mascaro
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